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Big Data – Cosa sono?

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Big Data – Cosa sono?

Hai sentito parlare di Big Data?
Big, grande, data, dati.

Sono generati da persone come Te e me, ogni giorno, e nel mondo intero, attraverso i social network per esempio. Gli acquisti. Gli smartphone. (A titolo informativo, generati da persone e anche in automatico).
I Big Data sono grandi di volume più che di dimensione di per sé. Cioè: sono una grande mole di dati.

Grande è anche la loro velocità di generazione.
E grandi sono anche il numero e la varietà di origini, della loro provenienza, da cui si generano contemporaneamente.
Sai da dove derivano?

Da database amministrativi – delle Pubbliche Amministrazioni o delle Aziende. Dalle transazioni economiche – dagli acquisti al supermercato sotto casa come su Amazon. Dall’uso dei social media. Dalla navigazione online in genere.

I Big Data sono tutte quelle tracce che lasciamo nel mondo digitale

ogni volta che per esempio navighiamo un qualsiasi sito web.
Sono quindi un flusso di dati continuo.

Ora, hai già un’idea di quanto grande e quanto continuo sia questo flusso?
Te lo dico con un esempio che a me è rimasto particolarmente impresso.
L’ho sentito durante la presentazione sui Big Data di un docente – Stefano Iacus – all’Università svizzera italiana. Parlava di un report del 2012 secondo cui nel mondo pubblichiamo su Twitter

278mila Twit ogni 60 secondi

P.S. Se volessi sentire la presentazione integrale del prof. Iacus Ti segnalo il link su Youtube.

Perché Ti scrivo di Big Data?

Perché penso sia un tema di cui essere a conoscenza, a prescindere dall’ambito specifico di lavoro. E online le fonti “piacevoli” scarseggiano. Il fatto è che i Big Data hanno aperto un dibattito che interessa anche Te e me. E via via nel tempo penso proprio che ne sentirai (sentiremo) parlare sempre di più.
Perché?

Perché i Big Data di per sé sono disordinati. Cioè, sono un mix di numeri, testi (compresi post e commenti su social media e blog, file di testo-audio-video, …) di per sé “insignificanti”, proprio per via del loro disordine. Questo perché non sono stati raccolti con una finalità precisa e quindi non sono stati neanche organizzati in modo strutturato per la loro lettura e comprensione.

Allora a cosa servono i Big Data?

Qui trovi la risposta da parte di alcuni schieramenti

  • Per alcuni questi dati sono sì tanti, ma inutili perché non forniscono informazioni
  • C’è chi dice che grazie ai Big Data non avremo più bisogno di modelli di studio perché avremo direttamente i dati
  • E chi vede nei Big Data una grande opportunità di conoscenza e miglioramento della vita.

Dell’ultimo “schieramento” Ti suggerisco di guardare il TED di Kenneth Cukier: un #pdv – punto di vista – pratico.

In comune hanno comunque l’idea che quello dei Big Data sia un bacino di dati non immaginabile prima di internet.
Non a caso richiede nuove tecnologie per la memorizzazione e conoscenze specifiche per la lettura e la comprensione.

Quando milioni di persone diventano utenti, le loro discussioni si trasformano in dati. Interpretarli e (…) integrarli fra loro è la sfida che i Big Data pongono al mondo di oggi: dalla politica, all’economia, alla società”

cit.

Quindi qui, intorno a Te e a me, si stanno muovendo ricercatori, aziende, corporazioni per raggiungere un obiettivo: raccogliere, organizzare, strutturare questo flusso continuo di dati per dargli valore e applicazione. L’obiettivo finale è, cioè, quello di impiegare questo “gigante disordinato” di dati, come lo chiamo

Ma con quali fini? Quali controlli? Quale trasparenza? E garante?

Ecco, questa è per me la questione che non mi fa ancora collocare con fiducia in nessuno dei 3 schieramenti che Ti ho presentato prima.

Per Te?

Stefania Milena di Studio Netiquette

Ciao, mi chiamo Stefania Milena, sono l’autrice dei Contenuti di questa sezione #CosìPerEsempio. Per altro su di Me e su di Loro > Contatti. Buona navigazione!

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