L’educazione digitale come la scuola guida
Se di educazione digitale sapessi poco o nulla, se Ti chiedessi a cosa serve, se serve, a chi, nelle prossime righe troverai la mia idea: quella di pensare all’esempio della scuola guida.
Tutti abbiamo visto un’auto.
Fin da piccoli tutti ne abbiamo toccata una, ci siamo saliti, abbiamo acceso la radio, alzato e abbassato il volume, spostato gli specchietti e suonato il clacson. O abbiamo visto “i grandi” fare tutto questo.
Significa che eravamo pronti per guidarla?
Ecco, l’educazione digitale la vedo così: come il corrispettivo della scuola guida che ci insegna
- a conoscere la nostra auto – cioé gli strumenti tecnologici che usiamo
- a guidare per strada, in mezzo alle persone – cioé a interagire in Rete
- a conoscere e riconoscere i cartelli – cioé a ri/conoscere i segnali, anche di pericolo
- a salire in auto con chi conosciamo – cioé a comunicare solo con chi già conosciamo offline
- a non far salire con noi sconosciuti – cioé a non accettare le richieste di contatto sconosciute.
Fuor di similitudine: per quanto familiare e/o vicino a noi,
ogni strumento ha bisogno di istruzioni per l’uso
che si tratti di un’auto o di uno smartphone connesso in Rete.
Questo vale ancor di più quando in gioco ci siamo noi stessi e gli altri in un contesto, quello del Web, in cui ogni informazione può arrivare
- ovunque
- a chiunque, anche in forma anonima o con fake (profili falsi)
- in tempi rapidissimi, inimmaginabili per qualsiasi altro mezzo di comunicazione esistente
- con conseguenze – nel bene e nel male – difficili da controllare, gestire e arginare.
Ma davvero serve l’educazione digitale?
Avrai sentito dire
“loro sono nativi digitali“
per indicare le persone che con la tecnologia sono nate e quindi “sanno come si fa”.
Per tornare alla similitudine di prima: noi siamo nati in mezzo alle auto al contrario dei nostri nonni/bisnonni. Ma questo significa che in automatico sappiamo condurre un’auto, riconoscere i cartelli stradali o guidare in mezzo ad altre persone?
No, concordi con me? È per questo che esistono la scuola guida e la patente: per intraprendere e attestare un percorso di conoscenza e uso consapevole del mezzo.
Ecco, in breve, ciò che desidero proporre in queste righe è
l’idea che l’educazione digitale serve
Serve
- ai più giovani che hanno sì familiarità, ma non consapevolezza dei mezzi digitali
- ai più adulti che hanno meno dimestichezza e meno conoscenza di rischi e opportunità.
Vale a dire che l’educazione digitale è utile tanto alle generazioni native digitali quanto a quelle immigrate digitali per citare di nuovo le categorie introdotte nel 2001 da Marc Prensky (anche se per certi versi criticate e superate).
E quindi in generale serve
- ai più piccoli perché crescano con consapevolezza
- agli adulti che non hanno figli per destreggiarsi in un contesto di cui non hanno background
- agli adulti con figli perché li possano seguire con cognizione di causa
- ai nonni in modo che possano scrivere – anche dei nipoti – in Rete senza danneggiarli.
Grazie all’educazione digitale, infatti, i più giovani hanno modo di usare in modo consapevole il Web e l’adulto può acquisire tutto il background che gli è mancato a causa dell’anno di nascita.
Inoltre, nel caso di un adulto anche genitore (lo sei?), l’educazione digitale permette, se non per forza di accompagnare i figli nelle conoscenze tecnologiche, quanto meno di acquisire quelle competenze e conoscenze per scegliere come muoversi in Rete con più consapevolezza per sé e per i figli.
Oltre alla possibilità di essere presenti e ricettivi nella prevenzione e/o nel riconoscimento di segnali legati al cyberbullismo (di cui ho scritto meglio qui).
Per questo desidero che
l’educazione digitale entri a pieno titolo nelle scuole
(ma non per forza con lo smartphone), da subito e come materia di programma ministeriale.
Insieme all’educazione civica (il ritorno, ma di quella fatta per davvero), all’educazione sessuale-affettiva, all’alfabetizzazione emotiva, alla comunicazione, all’educazione alimentare e ambientale.
Ma queste sono altre storie, tutte legate tra loro e per questo ben articolate…
Intanto proviamo con un punto di partenza perché, come scriveva Lao Zu,
“ogni lungo viaggio inizia con un primo passo“
Iniziamo insieme?