
Si chiama CNV e fa miracoli
CNV è l’abbreviazione usata per indicare 2 tipi di comunicazione:
- la comunicazione non verbale (si riferisce a postura, gesti, ecc…)
- la comunicazione nonviolenta.
Dedico le prossime righe a questo secondo tipo: se ancora non la conoscessi, Ti presento la CNV intesa come comunicazione nonviolenta, chiamata anche comunicazione empatica o linguaggio giraffa.
È stata ideata da Marshall Rosenberg e nella nostra #VitaDaProfessionista può rivelarsi davvero utile: fa miracoli!
Perché può cambiare, e di molto – molto molto – il modo di vivere e relazionarci con i clienti, con i collaboratori, con gli affetti e, prima ancora, con sé: decisamente la persona con cui passiamo più tempo, concordi?
Esiste un libro chiave della CNV:
si intitola “Le parole sono finestre (oppure muri)“. Gli avevo dedicato una breve presentazione tempo fa: se volessi darle un’occhiata prima di continuare, la trovi qui.
E ora ecco il cuore di questa guida pratica:
i 4 punti chiave della CNV
Tutta la comunicazione nonviolenta – o empatica – ruota intorno al concetto di bisogni ed emozioni dell’essere umano: emozioni, sentimenti, atteggiamenti sono strettamente connessi ai bisogni. E quando andiamo a riconoscere quale bisogno è all’origine del nostro sentire del momento, scopriamo che di bisogni ce ne sono di comuni a tutti gli esseri umani. Ce ne sono cioè di universali: tutti cerchiamo di soddisfarli. Quel che cambia è soltanto il modo – la strategia si chiama in CNV – con cui proviamo a farlo.
L’intento è di riuscire prima di tutto a prendere coscienza del fatto che abbiamo dei bisogni. Poi di riconoscerli.
E premetto: non è così immediato come traguardo!
Per farlo è comunque necessario partire dall’osservazione senza giudizio. E dal contatto con le emozioni che stiamo provando. E per questo già puoi intuire perché non sia un percorso immediato.
Il tutto è riassunto in quei 4 punti che insieme possono rappresentare
una sorta di metodo di indagine quotidiana
1. Osservazione senza giudizi – Quando vedo che …
2. Ricerca ed esternazione dell’emozione – Mi sento …
3. Riconoscimento ed esternazione del bisogno – Perché ho bisogno di …
4. Richiesta precisa, concreta e chiara per soddisfare quel bisogno – Ti chiedo quindi se …
La tabella dei bisogni universali e con la lista di esempio di alcune emozioni è di riferimento e supporto, soprattutto per muovere i primi passi. A volte è addirittura sufficiente leggere questa lista per sentire quale parola risuona in quel preciso momento – sia dalla lista dei bisogni sia da quella delle emozioni.
(E se provare per credere, io ho già provato)
Puoi provare anche in questo momento o appena finirai questa guida.
Pensa a un fatto che Ti ha turbat* o res* felice. Prova a guardarlo attraverso i 4 punti. Potrebbe muoversi qualcosa fin da subito. Per me è andata così per esempio 🙂 E poi via via nel tempo il movimento si è ripetuto, è cambiato e va avanti.
In generale questo ci permette di
- scoprire e riconoscere che abbiamo bisogni ed emozioni (e non è così scontato, vedrai Tu stess*)
- renderci conto che ci sono bisogni universali che ci uniscono (e di qui superare il concetto di nemico)
- fare chiarezza e distinzione tra ciò che vediamo e l’opinione che diamo a ciò che vediamo
- acquisire più consapevolezza del nostro agire/pensare
- entrare in contatto ed empatia con noi e con gli altri.
Sono anche Tuoi desideri/obiettivi questi?
Tutto questo è applicabile con noi stess*, con le altre persone e in ogni contesto relazionale: in famiglia, così come in azienda e nei conflitti internazionali. Ed è reale: l’operato di Marshall Rosenberg ne è una prova. Nel corso della sua vita infatti è stato chiamato per risolvere conflitti, trasformare culture aziendali e strutture autoritarie.
Questo tipo di comunicazione è infatti un linguaggio legato alla vita, a ciò che di vivo c’è in ognun* di noi ed è capace davvero di realizzare un cambiamento sociale di larga portata. Il libro di CNV “Le tue parole possono cambiare il mondo” riporta esempi reali in tutti i campi.
Mentre il libro di CNV “Parole che funzionano nel mondo del lavoro” si focalizza sull’ambito professionale: la CNV ad hoc per l’ufficio/azienda.
Ultimamente mi sono anche resa contro che la CNV ha aspetti in comune con la meditazione. Curiosando tra libri e guide di introduzione alla meditazione, ho notato infatti che entrambe direzionano verso
- il contatto consapevole con sé e con gli altri
- la “presenza nel presente“
- la separazione dei fatti dai giudizi
- la non identificazione con pensieri/azioni.
E a proposito di questi punti, dal libro di cui scrivevo prima, Ti riporto questa riflessione
“Non ho mai visto un uomo pigro,
ho visto un uomo che non ha mai corso
mentre lo stavo guardando, e ho visto
un uomo che talvolta faceva un sonnelllino
tra pranzo e cena, e che rimaneva
in casa in un giorno di pioggia,
ma lui non era un uomo pigro. Prima di chiamarmi pazza,
pensateci, lui era un “uomo pigro”
o faceva soltanto cose che definiamo pigre?
Non ho mai visto un bambino stupido;
ho visto un bambino che ha fatto
cose che non ho compreso
o cose in modi che non avevo previsto;
ho visto un bambino che non aveva visto
quegli stessi luoghi dove ero stata io,
ma non era un bambino stupido.
Pensateci: lui era “un bambino stupido”
o soltanto sapeva cose diverse da quelle che sapevate voi?
(…)
Quello che alcuni chiamano pigro
altri lo chiamano stanco o bonario,
quella che alcuni chiamano stupidità
altri la chiamano soltanto una diversa conoscenza.
Così sono giunta a una conclusione,
che se non mescoliamo ciò che vediamo
con quella che è la nostra opinione, ci salveremo dalla confusione.
E questo, lo so
è ancora soltanto la mia opinione“.
Ruth Bebermeyer
Che ne pensi?
Nello scrivere mi è venuta in mente un’associazione con la riflessione di Sabina, quando al fondo della sua intervista – Le relazioni di Sabina – scriveva dell’importanza dell’osservazione di sé, del fatto che (citando un autore americano) “Si può vivere una vita intera senza mai essere svegli” e che
“l’unica chiave di accesso al cambiamento siamo noi stessi”.
In conclusione, trovo che la CNV funzioni per tutto questo; penso ne sia parte costitutiva anche nella nostra #VitaDaProfessionista di tutti i giorni. Per Rosenberg, il Linguaggio giraffa è il linguaggio naturale degli esseri umani. Non a caso è quello dei neonati. Se non fosse che crescendo…
“E questo, lo so
è ancora soltanto la mia opinione” 😉
E la Tua?